
In un mondo in cui ormai tutti parlano di Marketing ma in pochi sanno davvero farlo, abbiamo scelto di voler dare voce a professionisti che in questi anni si sono affermati nel panorama italiano e internazionale.
Crediamo che il loro percorso, la loro storia ed i loro consigli potranno ispirare Marketer e appassionati, sul presente e futuro di un settore in pieno sviluppo.
Dopo Joe Di Siena (articolo), Luca Barboni (articolo) e Cristiano Guerra (articolo) oggi parleremo con Valentina Falcinelli, Brand personality e verbal identity strategist.
La ringraziamo in anticipo per la disponibilità ed il contributo di questa intervista.
Chi si occupa di verbal identity ha il compito di lavorare su un pilastro fondamentale dell’identità della marca: la sua voce. Quando si parla di brand identity troppo spesso le aziende concentrano tutti i loro effort economici nella realizzazione di un “bel logo”, trascurando che le attività di brand building vanno ben oltre la visual identity. E che la visual identity stessa è molto di più di quel bel logo di cui sopra.
L’identità verbale, per l’appunto, è una leva di differenziazione preziosa. Permette alle marche di avvicinarsi al giusto pubblico, di farsi notare, ricordare, scegliere e amare.
Un/a verbal identity strategist identifica la giusta voce per ogni brand, affinché la marca possa parlare in modo unico, umano e riconoscibile.
Lavora sulla brand personality, sceglie gli archetipi, identifica i valori. Declina tutto in messaggi chiari e memorabili e incapsula tutto il mondo della verbal identity in un manuale operativo, che guidi il team di comunicazione della marca nel corretto uso della brand voice.
La voce di una marca è frutto della somma di valori, tratti distintivi di personalità, brand messages (i ritornelli della marca, per così dire), frasario, scelte stilistiche, artifici linguistici … il tone of voice rappresenta una delle possibili sfumature che può avere la brand voice.
Il processo che porta alla definizione di una brand voice unica, umana e riconoscibile è lungo e articolato.
Tutto parte dall’essenza della marca (brand positioning, brand personality, core values, mission, vision…), che deve esserci e deve essere chiara e autentica.
Il mio approccio consulenziale prevede un brief dettagliato (messo a punto in anni di esperienza specifica e verticale sul tema, fatta su PMI e multinazionali), il Modello e le Carte PersonaliToV – due strumenti di mia invenzione –, la consegna di un manuale d’uso della voce.
Quest’ultimo è un documento operativo, prescrittivo e descrittivo, che permette a tutto il team aziendale di allinearsi e usare in modo coerente e sinergico la brand voice.
In breve: oggi le persone cercano intrattenimento e relazioni. Anche dalle marche. Per questo motivo è importante trattare i brand come fossero persone, lavorando in modo strategico all’antropomorfizzazione della marca.
Nel nostro approccio all’advertising online partiamo sempre dall’indagine dei bisogni, delle paure, delle aspirazioni dei nostri utenti target per costruire gli angoli di comunicazione adattandoli al prodotto o servizio del nostro cliente.
In generale si parte dagli obiettivi del brand. Poi si analizzano le brand personas: chi sono, cosa provano, cosa temono, cosa vogliono ottenere, come parlano, come si rivolgono a marche simili alla nostra e via dicendo.
Infine, si cerca un punto di contatto che faccia da raccordo tra ciò che è il mondo del pubblico di riferimento e quelli che sono gli obiettivi del brand.
Per esempio, se un brand vuole trasmettere raffinatezza, prestigio e lusso, perché vuole comunicare a un pubblico che si affida a questo tipo di marca, deve adottare una personalità che si sposi ai suoi obiettivi. Potrebbe per esempio dover adottare un linguaggio ricercato, onirico, sensuale evitando però di confondere la propria personalità, e la propria voce, con quella dei competitor.
Quando lavoro alla brand personality c’è un’immagine che mi viene spesso in mente: quella della bilancia stadera, uno strumento di precisione (antico) che richiede grande attenzione, pazienza e precisione.
Non si può arrivare alla giusta personalità di marca senza procedere per piccoli passi, e senza avere la giusta (tantissima) esperienza. Ci sono infatti persone che si cimentano nella verbal identity producendo bellissimi testi, ma uguali a quelli di altre marche. Avere testi scritti in modo corretto non basta. Non può bastare.
Guarda, mi fa piacere parlare di un’azienda cliente che abbiamo supportato per l’appunto nella definizione della brand personality e della verbal identity: EPICODE. Si tratta di una scuola di formazione per web developer, che in pochissimo è diventata un benchmark di riferimento per il settore.
Un’altra azienda madrina del ToV è Lush, che da sempre adotta un ToV frizzante, brioso, allegro e pieno di energia. Oserei dire quasi contagioso – anche se questo aggettivo, in questo particolare momento storico, ha assunto sfumature negative.
E siccome posso menzionarne solo tre, aggiungo l’Hans Brinker, un “budget hotel” di Amsterdam che usa l’approccio negativo, parla male di sé in maniera davvero spassosa – ma strategica. Giusto per fare un esempio, nella meta descrizione della home page si legge: “At the Hans Brinker Hostel you get what you pay for. And because you don’t pay much you won’t get any of the following things: a swimming pool, room service…”. Non devo aggiungere altro.
Un modello di consulenza e analisi che ho ideato in questi anni di attività verticalizzata sulla verbal identity. Si tratta di un canva che permette di partire dai dati oggettivi dell’azienda (es. settore, tipologia di cliente) per arrivare ai tratti distintivi di personalità e voce. Ovviamente, senza una persona esperta non serve a molto perché è appunto uno strumento consulenziale. Ma è un’ottima road map quando viene compilato con scrupolo e dedizione.
La voce, ovviamente. Ma anche la correttezza (non tollero la sciatteria).
Quello di far capire senza dover parlare il valore di un progetto di branding. Le aziende puntano molto (tutto?) sull’advertising perché vogliono avere tutto e subito. Il branding invece richiede tempo e costanza; permette di raccogliere frutti importanti per un lungo periodo, ma non dall’oggi al domani. E questa cosa dell’attesa, molti manager non riescono ad accettarla, a comprenderla, a farla capire ai decision maker nel caso non siano loro.
Quali sono i tuoi progetti per il 2023?
Continuerò a lavorare sull’identità verbale, sulla brand personality e sul branding. È in uscita un corso che verrà distribuito a livello mondiale e mi piacerebbe poter trovare il tempo per scrivere il prosieguo di Testi che parlano…
Tre libri che consigli a chi si avvicina alle tematiche del Tone of Voice e della Verbal Identity
Sicuramente Brand Language: tone of voice the Wordtree way, Strong Language di Chris West e Bold brand di Josh Miles.
E il prossimo che scriverò. Sempre che ci riesca…
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